giovedì, aprile 26, 2007

 

L'amico di famiglia.
Comments:
eh, non ho i codici di dagospia

 

che dire?
bella 'sta cosa
che dagospia non si fa
scassinare.

 

SI PUÒ FARE UN FILM SU ANDREOTTI? È IL PIÙ GRANDE PERSEGUITATO, O È IL PIÙ GRANDE CRIMINALE DI QUESTO PAESE? LA GRANDEZZA DELL´ENIGMA – “NON HA LA GOBBA, INCURVA DELIBERATAMENTE LA SCHIENA, INCASSANDO LA TESTA DENTRO LE SPALLE, PER COMODITÀ”…


Filippo Ceccarelli per “la Repubblica”


«Visti da vicino» s´intitola la più fortunata serie di libri e ritratti pubblicati da Giulio Andreotti. E da vicino, appunto, un giovane, ma già affermato regista, Paolo Sorrentino (L´uomo in più, Le conseguenze dell´amore, L´amico di famiglia), ha voluto vedere l´88enne senatore a vita, mostro sacro della vita pubblica italiana.
(Il ''pensatore'' Andreotti - Foto U.Pizzi)

Appuntamento in piazza San Lorenzo in Lucina, l´autunno scorso. Due «sedute» la domenica mattina: per conoscersi, per informarlo, ma anche per studiarlo. Andreotti l´ha accolto «con gentile indifferenza. Si è vagamente schernito - racconta Sorrentino - chiedendomi cosa avesse mai fatto per meritare un film». Dal vivo gli ha fatto una certa impressione. Le mani, dalle lunghissime dita «come bianche candele» di cui ha scritto Oriana Fallaci.

La famosa gobba, che al cineasta non è apparsa tale: «Andreotti non ha la gobba, incurva deliberatamente la schiena, incassando la testa dentro le spalle, per comodità». E infine gli occhi: «Li dilata di colpo, senza un apparente motivo, come segno di assoluta imprevedibilità». Quest´ultimo particolare è già tornato utile a Toni Servillo, che dovrà calarsi nel personaggio senza diventarne il sosia. Niente museo delle cere, niente Bagaglino: assonanza, non somiglianza. Prova di trucco di tre ore e mezzo, al termine della quale un autore meticoloso e visionario come Sorrentino si è potuto dire soddisfatto.

E insomma: si può fare un film su Andreotti? Risposta: «Sì, non dovrebbero esserci rischi, i tempi sono maturi». In un certo senso è proprio l´enigma del personaggio a richiederlo. Per usare le parole di Eugenio Scalfari: «La complessità del personaggio Andreotti ne fa anche, se si può dir così, la grandezza. La grandezza dell´enigma». A Sorrentino pare di averlo colto in «un´alternarsi di amabile buonsenso e lampi di clamorosa intelligenza che ti spiazzano e rendono la sua figura indecifrabile. Perché Andreotti fa l´elemosina, ma c´è chi lo teme; incontra Madre Teresa di Calcutta, ma lo chiamano Belzebù. E´ lui stesso a giocare con la propria ambiguità, e tuttavia si percepisce come una persona normale, ironica, distaccata». Dunque un soggetto formidabile.
(Un caffè per il ''gobbetto'' Giulio - Foto U.Pizzi)

Inizio riprese a metà giugno. Titolo: «Il Divo». Con qualche pretesa filologica si può aggiungere che fu il povero Pecorelli il primo a chiamare Andreotti «il divo Giulio». La produzione è Indigo Film, Lucky Red, Parco Film più un gruppo francese; pellicola prevenduta a Sky e Medusa Homevideo. Anna Bonaiuto sarà Livia Danese, la moglie di Giulio: «Il loro - spiega il regista - appare un rapporto molto bello e intimo, all´insegna della reciproca ironia». Piera Degli Esposti si calerà nella celebre segretaria, la signora Enea, attraverso la quale Sorrentino si riserva «uno sguardo non politico sulla politica». Si vedranno Cossiga e Franco Evangelisti, lo storico braccio destro che nel momento decisivo non aiuta l´uomo cui ha dedicato l´intera sua esistenza. Altri attori: Giulio Bosetti, Michele Placido, Carlo Buccirosso; Paolo Graziosi farà Aldo Moro.

Perché «Il Divo»? «Perché Andreotti viene in scena come un divo, ma ad un tratto le luci accecanti del palcoscenico si spengono. Per poi riaccendersi, dopo l´assoluzione, ma in modo intermittente e con lampadine un po´ più fioche». Dell´interminabile vicenda il film copre un arco temporale ristretto, ma concentrato nella sua drammaticità: dalla fine del suo settimo governo (aprile 1992), alla vigilia del processo di Palermo. In mezzo c´è la mancata conquista del Quirinale, la strage di Falcone, il colpo delle accuse di omicidio e associazione mafiosa; quindi la disperazione, la malattia, l´insonnia, così intensa da trasmettere sul piano dei silenzi, del buio e dei chiarori di una Roma che vede l´ennesimo crollo di un potere. Sullo sfondo il tarlo che Montanelli espresse nell´interrogativo: o Andreotti è il più grande perseguitato, o è il più grande criminale di questo paese. «Comunque un frammento di storia - secondo Sorrentino - che consente di raccontare noi stessi e il presente».

Metafore, visioni, flash-back. I modelli di riferimento sono Martin Scorsese e Oliver Stone; per quanto riguarda l´Italia, «la lezione di Rosi e di Scola, con le urgenze e le priorità che il cinema ha ancora il dovere di porre agli spettatori». Ma Il Divo non è un film a tesi: «Sistematizza i fatti, muovendosi lungo canali d´imparzialità oggettiva. Non mi interessa di prendere posizione, tocca allo spettatore risolvere, se ci riesce, l´enigma andreottiano».
(Andreotti in tribunale)

L´unica licenza riguarda il caso Moro: «Mi sono permesso di creare un rapporto a distanza, ininterrotto». Risuonano terribili le parole dello statista ucciso. Quelle più dure nei confronti di Andreotti, «gelido e chiuso nel suo cupo sogno di gloria», con quello spaventoso presagio: «Lei passerà alla triste cronaca che le si addice». Ma anche le parole dolci rivolte dal prigioniero al nipote Luca. La chiave interpretativa è che dietro il pudore, l´imperturbabilità e perfino la cinica maschera andreottiana si celi un autentico dolore». Forse anche un inestinguibile rimorso: «Qualcosa che non lo molla mai. Moro è la sua vera emicrania, anche se lui ce l´ha da prima».

La sfida artistica consiste nel rendere in immagini un mondo che per sua natura e vocazione è anti-spettacolare. E di farlo nel tempo rapido e scintillante della tv: «La Dc - per intendersi - non è la Costa Smeralda, ma una ragnatela di rapporti astrusi e di sfumature impalpabili. Lo stesso protagonista è fermo, vive seduto. Si tratta di movimentare ciò che è statico». In questo un aiuto può venire dalla musica che non sarà sinfonica, ma irta di suggestioni rock e anche punk. Visto e ascoltato da vicino, Andreotti continua ad offrire arcani che forse si disvelano fuori del tempo e dello spazio. Una contraddizione vivente che almeno al cinema si può risolvere nel suo doppio e nel suo contrario


Dagospia 26 Aprile 2007

 

(tramite la cache di google si può scassinare dagospia - sccccc)

 

Posta un commento

<< Home